Sul finire del 2019, si prospettava un futuro promettente per il settore fotovoltaico; ora invece, a qualche mese di distanza, c’è il COVID-19 e c’è la crisi.
Tutte le più grosse agenzie di analisi infatti, come conseguenza della pandemia che stiamo vivendo, hanno rivisto pesantemente a ribasso le previsioni sulla crescita del mercato fotovoltaico riguardo alla potenza installata (-15/20GW) e non prevedono niente di buono nemmeno sul fronte della domanda di mercato globale.
Si parla di una perdita del 16-18% delle installazioni previste a livello globale (Wood Mackenzie, IHS Markit) e di una diminuzione del 12-20% della domanda globale di energia fotovoltaica (BloombergNEF, Wood Mackenzie); benvenuti nel 2020.
Se non bastassero le pessime previsioni a far preoccupare gli operatori del settore, c’è un’altro aspetto problematico legato ai momenti di incertezza del mercato da considerare: la difficoltà di accesso alle risorse finanziarie.
Quando le aspettative future sono pessimistiche infatti, nessuno è ben disposto a investire le ingenti quantità di denaro necessarie alla realizzazione dei grandi progetti tipici del settore delle rinnovabili e in particolare del fotovoltaico utility scale.
Tuttavia questo non è sempre vero. Da quando sono finiti i sistemi di incentivazione statale, il settore del fotovoltaico ha avviato un processo di maturazione che lo ha portato a ideare soluzioni e modelli di business capaci di sostenerne la crescita, garantendogli un’autorevolezza tale da permettere, senza troppi ostacoli, di accedere ai principali strumenti messi a disposizione dagli istituti di credito.
Questa condizione è legata a vari fattori: dieci anni fa il fotovoltaico aveva costi elevati e la realizzazione di impianti industriali o utility scale comportava investimenti superiori a qualche milione di euro.
Non era insolito che gli imprenditori/investitori costituissero società veicolo (cosiddette SPV) dedicate esclusivamente alla gestione di quello specifico progetto.
Nei confronti della banca si operava in project financing, ovvero con un finanziamento a lungo termine in cui il ritorno era garantito dai flussi di cassa previsti dall’ attività dello stesso impianto finanziato; a garanzia venivano impegnate le quote della società.
Oggi però, un impianto da 1MW che nel 2010 costava 5 milioni può costare anche solo 500mila euro rendendo gli investimenti in project financing troppo onerosi . Si è ovviato al problema riunendo diversi impianti di media o grande taglia, così da giustificare i costi, oppure studiando strutture meno sofisticate e più simili ai mutui tradizionali, con l’aggiunta di garanzie correlate.
In contemporanea sono nati i leasing che vedono l’imprenditore-investitore cedere la proprietà dell’impianto alla società di leasing, la quale mette a sua disposizione l’uso del
bene e i benefici che ne derivano. In questo scenario dinamico però, anche le banche sono in qualche modo state costrette a modificare il loro approccio dando vita ad una serie di strumenti specifici per il finanziamento dei progetti nel mercato fotovoltaico, arricchendo così le opportunità per gli operatori di settore di accedere a preziose risorse finanziarie.
Alcuni istituti ad esempio hanno creato partnership specifiche con aziende operanti nell’equity crowdfunding per la raccolta di capitale di rischio e sviluppato linee di credito a minori costi.
Partecipando direttamente, come operatori professionali, alle quote di investimento. Altri istituti supportano investimenti di grandi dimensioni con operazioni di finanza strutturata e, in alcuni casi, anche attraverso l’emissione di bond (soprattutto nei casi di progetti in cui siano presenti PPA).
Altri ancora hanno seguito la strada degli accordi di convenzionamento per il credito, rivolgendosi non al singolo attore ma contemporaneamente a tutta la filiera di mercato (quindi utility, produttori, installatori etc.).
Naturalmente questi finanziamenti non sono sempre semplici da ottenere.
La banche richiedono solidità finanziaria e patrimoniale della controparte nonché degli eventuali sponsor dell’iniziativa, valutano l’expertise nella gestione dei progetti, la coerenza del business plan prodotto, la qualità dei fornitori dell’impianto e, soprattutto per alcune tipologie di finanziamenti strutturati, il grado di variabilità e prevedibilità di ricavi e costi.
In tale contesto, ad esempio, assumono maggiore importanza le caratteristiche degli strumenti volti alla stabilizzazione dei ricavi, per esempio i PPA di lunga durata, e tutte quelle variabili legate a processi autorizzativi connesse anche anche agli aspetti geografici dei progetti da finanziare.
Pur considerando che nessuno regala niente, è evidente che il panorama delle forme di finanziamento per il mercato fotovoltaico si presenta variegato e in buona salute, a testimoniare un deciso interesse da parte degli operatori del settore finanziario alle opportunità di business legate al mondo delle rinnovabili.
Nonostante la pandemia, nonostante la crisi e soprattutto nonostante le previsioni infauste infatti, le stime di redditività degli impianti fotovoltaici non hanno subito alcuna flessione.